lunedì 19 settembre 2016

Un serial killer ossessionato dal contenuto delle borse recensione di Corrado De Rosa - Il Turista di Massimo Carlotto - Rizzoli






Pietro Sambo è l’ex capo della Omicidi di Venezia. Da qualche giorno è sulle tracce di un serial killer ed è stanco: – C’è qualcosa di malato che appesta tutta questa storia. Quel "qualcosa di malato", che scorre in ogni pagina del nuovo romanzo di Massimo Carlotto, è la psicopatia. I non addetti ai lavori spesso la confondono con la psicosi. La psicosi è la follia come la gente comune se l’immagina. È la perdita del contatto con il mondo. Chi ne soffre, di solito, non ha rapporti normali con gli altri. Delira, cioè ha un modo di pensare incorreggibile e lontano dalla realtà, oppure soffre di allucinazioni: sente voci che gli altri non sentono o vede cose che gli altri non vedono. Lo psicopatico, invece, non è matto, o almeno non secondo i canoni richiesti per stabilire che, quando delinque, lo fa senza consapevolezza. Lo psicopatico agisce perché lui viene prima di tutto. E in nome di questo mantra non riconosce l’altro. Patrick Bateman di American psycho è uno psicopatico. Jack Torrance, il protagonista di Shining, ha molti sintomi della psicosi. Abel Cartagena è un musicologo con la testa fra le nuvole, ma si tratta di una copertura. In realtà, è il serial killer a cui dà la caccia Sambo. Lo chiamano Il Turista, perché non uccide mai nella stessa città. È un predatore con l’ossessione per le borse e per quello che c’è dentro, da sempre protetto dalla famiglia che ne ha intuito prestissimo le potenzialità nefaste. Tutto è mezzo, nella sua mente psicopatica: ha una moglie e un’amante che utilizza come scusa per muoversi liberamente alla ricerca delle prede. Si mimetizza con sapienza: è loquace, brillante, conosce i criteri di classificazione della psicopatia, si informa su come ragionano quelli come lui, usa il web e studia articoli scientifici. È abile nei travestimenti, non lascia tracce né firme sulla scena del crimine, non violenta le sue vittime, ha un modus operandi definito. Risponde con indifferenza alle esigenze altrui e non sa cosa sia il senso di colpa: l'etica e l'empatia gli mancano. Il Turista uccide per la motivazione che accomuna tutti i serial killer: il bisogno di esercitare potere e controllo su altri esseri umani per affermare il proprio Sè. Seduce, è cinico e calcolatore. Sa di infrangere le regole ma non se ne fa un problema. Bada solo ai suoi bisogni, e anche quando sembra coinvolto emotivamente in una nuova relazione, non è innamorato veramente. È solo appagato dall’idea di sentirsi al centro delle attenzioni di qualcuno che, più o meno, ritiene alla sua altezza. Cartagena si mette nei guai per caso: uccide la donna sbagliata. Da quel momento, da predatore diventa preda nel mezzo di una guerra che procede a fari spenti tra servizi segreti e i Liberi Professionisti: un’organizzazione criminale di ex agenti abilissimi a sfruttare, secondo i propri scopi, le peggiori perversioni del Turista. Proprio come si racconta che facesse la Tigre Arkan, quando “prendeva in prestito” i peggiori psicopatici dai manicomi criminali per le sue operazioni di pulizia etnica. Più ci si addentra nella trama, più il protagonista non ha punti di riferimento. Lui che manipola si sente manipolato. Lui che non agisce a comando e non tollera le frustrazioni, deve obbedire agli ordini. Lui che non ha incertezze ora ha più di un dubbio. Il finale è apertissimo. Quando arriveranno alla fine del romanzo, i lettori di Carlotto si augureranno che Pietro Sambo ci impieghi ancora molto tempo, e molte pagine, per catturare il Turista. Ma Cartagena dovrà stare molto attento al suo narcisismo perverso. É un egocentrico, vuole che i suoi delitti gli siano riconosciuti dalla stampa. Gli piace che lo chiamino Il Turista. Quel desiderio di successo e riconoscimento a tutti i costi potrebbe tirargli un brutto scherzo. E se questo punto debole, prima o poi, dovesse tradirlo, ci sarà uno psichiatra che, per conto di un giudice, cercherà di capire se i suoi comportamenti sono frutto di follia, se è responsabile delle sue azioni o è tanto malato da non esserlo. Cartagena é consapevole del fatto che quello che fa é sbagliato. Le sue caratteristiche di personalità hanno per lo più a che fare con il comportamento, non con categorie psicopatologiche. Progetta, prevede, valuta le possibili conseguenze dei suoi gesti, sceglie tra varie alternative. Non è confuso, non è incerto, controlla sufficientemente la rabbia, non delira, non è allucinato. Distingue il suo mondo interno da quello esterno, è coerente con se stesso. Difficilmente sarebbe considerato incapace di intendere e di volere: "Le possibili bassezze della mente umana - scrisse chi si occupò di Donato Bilancia, 13 ergastoli per 17 omicidi in sei mesi alla fine degli anni Novanta - spesso possono più di una malattia mentale". Ma a quel punto, c'è da scommetterci, Abel Cartagena detto Il Turista non si arrenderebbe: non esiterebbe un attimo a simulare la follia oppure a corrompere un perito. Tutto, pur di ottenere benefici di giustizia e ritornare a uccidere.

Corrado De Rosa
(pubblicata su La città del 15 settembre 2016)