mercoledì 4 novembre 2015

"E' LA STAMPA BELLEZZA" di Piera Carlomagno - L'incanto delle sirene di Gianni Biondillo







Milano, Milano, quella très chic dell’alta moda e del pret-à-porter e quella delle periferie degradate, dei casermoni del Comune, degli appartamenti liberati la sera con la forza e rioccupati il giorno dopo e quella di chi non ha proprio niente, né casa, né famiglia, né una vita sua. L’omicidio di una top model durante una sfilata sarà il mistero di cui si parlerà stasera alle 19, da Botteghelle65, degustando i vini di Paolo Verrone, con la presentazione, curata dall’associazione noir “Porto delle nebbie”, dell’ultimo giallo di Gianni Biondillo, dal titolo “L’incanto delle sirene”, pubblicato da Guanda.
C’è fascino da vendere nella lettura che offre il giallista(-architetto) tra i più noti, della città più metropolitana ed europea d’Italia, con un filo rosso che unisce piazza Gae Aulenti - circolare, sopraelevata, dominata dalle torri Unicredit – con i quartieri della mala, Quarto Oggiaro, la Barona, il Giambellino. Affascinante perché doppia: da un lato è il racconto del male, che passa attraverso tutti i sentimenti più meschini dettati da ogni forma di disperazione e debolezza. Dall’altro è una critica all’urbanistica che dilaga sotto forma di moda anch’essa, un po’ frenata dalla crisi, ma inesorabile, inarrestabile a piallare diversità e caratteri. Città uguali, architetti uguali, purché siano archistar arrivate da lontano. E per essere uguali alle altre, le città subiscono ogni genere di umiliazione.
Ma soprattutto c’è il giallo, frizzante, per menti lucide, perché non si tratta di un’indagine serrata, ma il romanzo ha una forza sua notevole, che a volte spiazza. Mai visto un ispettore meno capo, meno eroe, meno ossessionato dal voler trovare il colpevole. Ferraro divaga. Si distrae. E’ il suo metodo. Perché a folgorarlo sono frasi ascoltate qua e là, sono gesti visti fare a qualcuno, sono ricordi di rapporti intrapresi per caso, di azioni trascurate. Epperò la sua indagine è moderna, segue le regole, la procedura è sempre quella giusta. Ferraro lascia spazio al medico legale, alla scientifica, rispetta i tempi, non ha fretta neanche di visionare le immagini catturate dalle telecamere. Nel frattempo vive.
Divertente il rapporto con la figlia adolescente: lui, neanche a dirlo, è separato e pieno di sensi di colpa per la vita cui costringe la ragazza, che però pare serena, brillante, presa da mille cose e come tutti i giovanissimi di oggi, capace di fare mille cose contemporaneamente. Lui cerca di seguirla e non ci riesce, non si arrabbia, si prende in giro, accetta, come sempre, i propri limiti. E divertente è anche il rapporto con le donne, che è qualitativamente e  quantitativamente, inversamente proporzionale all’interesse che lui prova verso ognuna di loro.
Tranquillo, l’ispettore Ferraro non ha ambizioni particolari e i suoi amici sono tutti personaggi poco raccomandabili di Quarto Oggiaro. Il suo mondo, resta quello lì. Un orientamento politico, se si vuole, c’è: Ferraro si annoia nel mondo patinato della moda – che però invece descrive mirabilmente – ama gli uffici della polizia, il caldo, i pranzi arrangiati, il lavoro, la sua vita così così. Propende chiaramente per barboni e senza tetto, fa un tifo sfegatato per loro quando si trovano in difficoltà, si inventa persino poliziotti cattivi, così, per mettere le cose in chiaro.
E di conseguenza anche il lettore accanito (e incattivito) di gialli si rilassa, si guarda intorno, si interessa all’arte, alla moda, alla vita grama di mendicanti e prostitute, che non sono poi così male, all’ingiustizia sociale nascosta, eclissata addirittura, dalle mille luci di Milano.

Piera Carlomagno
(Articolo pubblicato su "Il Mattino" del 21 ottobre 2015)

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