mercoledì 15 giugno 2016

SOGNI NOIR di Brunella Caputo - È così che si uccide di Mirko Zilahi - Longanesi







Roma. Settembre. Notte.

Il ragazzino entra.
Piove.
La pioggia copre la luce della luna.
Il ragazzino non è un “cacasotto”, non ha paura.
Entra.
Cerca un sasso. Lo scaglia forte, lontano.
Entra. È notte.
Poi un lampo, una ferita di luce nel buio, e vede.
Vede la “forma indistinta”.
Avanza, non ha paura. La pioggia penetra all’interno.
Avanza.
Il corpo non si muove. È stato il suo sasso?
Il sacco non copre tutto, testa e piedi con le scarpe sono a vista.
Cerca il segno del sasso.
Guarda i piedi, le scarpe servono.
La zip del sacco è bloccata. Prova e riprova. Niente.
Poi capisce. Non è stato il suo sasso.
Passi.
“Tu non mi conosci. Nessuno mi conosce. Sono solo un’ombra. E uccido”.
La morte, protagonista. Ma questa non è la prima e neanche l’ultima delle morti di Dio.

È fine estate. Una strana pioggia, continua e pesante, ricopre Roma. Una città diversa, tetra e cupa, la Roma di periferia, con la sua archeologia industriale.
E in questo territorio l’ombra si muove indisturbata.
E uccide.
“La morte è uno spettacolo”, Enrico Mancini lo sa.
Lui che è un commissario diverso, che si è specializzato a Quantico, che riconosce i crimini seriali. Lui che è debole davanti ai corpi delle vittime, che non si abitua a vederli. Non si abituerà mai. Lui che nasconde il suo dolore e le sue fragilità.
Quando ritrovano la prima vittima la scena del crimine è un enigma che non si riesce a decifrare. Mancini rifiuta il caso, non vuole accettare l’idea che sia un serial killer. Ma è così. Lui lo sa, il suo istinto lo sa.
Ma l’ombra uccide ancora. 
Il secondo corpo, e un messaggio mail inviato ad un insolito destinatario, lo obbligano ad accettare.
Deve accettare, Mancini. Non vuole, ma deve.
Non vuole perché il buio in cui agisce l’ombra si sovrappone al buio della sua anima, perché il suo dolore è un ombra che deve restare nascosta, perché un corpo straziato è l’ombra che domina tutto lo spazio della sua anima.
L’ombra.
Ma deve accettare.
E allora beve una birra scura, indossa i suoi guanti, la sua arma di difesa dal suo dolore, e va, nella pioggia e nel buio della notte di Roma e del suo cuore.

“È così che si uccide”, un meraviglioso insolito thriller, un libro in cui scopri che la morte regola la vita. Perché la morte è sì uno spettacolo, ma devastante,  e il buio che genera nell’animo di chi resta può uccidere se affrontato a mani nude. L’unica difesa è, dunque,  indossare un paio di guanti, per evitare il contatto delle tue mani con il buio generato dal tuo stesso dolore.  Enrico Mancini lo sa.

Brunella Caputo



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