martedì 19 luglio 2016

SOGNI NOIR di Brunella Caputo - Serenata senza nome - Notturno per il commissario Ricciardi di Maurizio de Giovanni - Einaudi








E poi.
E poi si ‘sta voce te scéta ‘int’a nuttata…
E poi è l’autunno. L’autunno è l’inizio. L’autunno è la fine. E c’è la perdita, dentro,  e la racconta la canzone. La perdita che sta nella canzone… Lui l’ha perduta.  Aspetta che la luce della finestra si spenga e canta la perdita e l’autunno.
E poi è ottobre. Vincenzo le teneva le mani. Cettina piageva. “Vado in America, faccio i soldi. Ti giuro che torno. Te lo giuro”. La baciò, con la furia disperata della perdita.
E poi una canzone. Una sola.
E poi l’odore del mare…
E poi la fissò per tutto il tempo, senza vergogna, senza pudore. Lei si girò, sbattendo le palpebre, e lo vide. Sembrava uno spettro. Sembrava pazzo. “Ti ammazzo! Vigliacco maledetto, io ti ammazzo! Lei è mia, è sempre stata mia”.
E poi lui era convinto che il suo destino e quello di lei fossero lo stesso destino. E la paura più grande era quella di fallire. “ Te l’ho giurato. Io torno”.
E poi è ottobre, e io ti conosco, e so quanto sia difficile rinunciare alla felicità per accontentarsi della serenità. Io ti proteggerò.
E poi gli amici, si sa, devono aiutarsi nel momento del bisogno.
E poi le venne in mente lei, bella, e con la sua espressione malinconica , celata sotto l’allegria. E lei, bella,  che aveva cercato di trascinarlo nella mondanità senza riuscirci. E lei, e il suo volto dolce.
E poi camminavano, sotto la pioggia , ognuno col proprio fardello sul cuore.
E poi doveva avvicinarsi, fronteggiare l’immagine di un cadavere che vomita parole insulse dalla bocca contorta per la morte violenta.
E poi sorpresa, come sempre. E dolore fisico forte. E il solito insieme di frammenti . E l’ultimo alito della vita: “tu, di nuovo tu, tu, di nuovo tu, un’altra volta tu, di nuovo tu”.
E poi ricordava il vuoto durante il salto dal ponte basso e i tonfi degli altri che si erano buttati.
E poi non era andato in America per morire.
E poi conservava le banconote in un vecchio libro svuotato delle pagine.
E poi i fatti prendevano il posto dei sogni.
E poi noi siamo scarti. Pagnotte uscite male, quelle che i forni buttano via.
E poi chissà se era solo pioggia quella che sentiva scorrere sulla faccia.
E poi l’autunno aveva riflessi evidenti sul Fatto, aveva una popolazione di morti maggiore rispetto alle altre stagioni.
E poi nulla cambia una fisionomia come un recente dolore.
E poi a lui la boxe veniva naturale. Come respirare. Come mangiare e bere. Come sognare lei.
E poi voleva solo guadagnare i soldi sufficienti a riprendersi la sua vita.
E poi quegli occhi, gelidi e profondi, verdi e addolorati, la tormentavano.
E poi lui non la voleva, ma era solo questione di farli emergere i sentimenti.
E poi ritornava sempre l’uomo invisibile, come se fosse d’aria.
E poi lui è come impazzito. Ha smesso di allenarsi. E smetterà anche di inseguire un ricordo.
E poi per merito suo conosceva anche l’amore. La sofferenza e l’immensa gioia che può dare.
E poi aveva passato la vita a osservarla e conosceva ogni singola espressione del suo viso.
E poi lui sapeva che lei nutriva per quell’uomo un sentimento forte, che non ammetteva nemmeno con se stessa.
E poi in lui c’era qualcosa di diverso, di profondo e oscuro.
E poi il bambino bruno si toglie il berretto e salva il bambino dai capelli rossi. Perché se uno si toglie il berretto vuol dire che porta rispetto.
E poi si ritrovò occhi negli occhi con lei, ma era un’altra la donna più bella tra tutte le donne presenti.
E poi parla a qualcuno, la serenata. Racconta qualcosa. La perdita. La notte. Il nostro notturno senza pace.
E poi chiedilo alla pioggia. E la pioggia ti dirà.
E poi la gente cambia. Cambiamo tutti.
E poi era il suo compleanno e compiva un quarto di secolo.
E poi forse è un’idiozia, l’amore. Come scrivere sull’acqua. Come promettere al vento.
E poi uno scambio di sguardi tra due naufraghi perduti ognuno nella propria tempesta e senza speranza di salvezza.
E poi lui era partito, ma non se ne era mai andato.
E poi il mare che c’è dall’altra parte è una finzione.
E poi lo scoglio esiste. Allora esiste pure tutto il resto. Tutto il tormento di un lontano amore, tutto l’amore di un tormento antico.
E poi se si ama qualcuno, si vuole che stia bene.
E poi sono pazzo, si disse  per l’ennesima volta. Sono un folle che nasconde la propria follia.
E poi all’improvviso gli venne in mente lei. Quando incrociava i suoi occhi viola provava una lieve scossa, come se intuissero qualcosa della melma che aveva in fondo all’anima. Forse a lei poteva dire.
E poi la fame o l’amore? Quale sentimento ti ha ucciso?
E poi lei disse io vi guardo.
E poi la paura di finire un giorno in quel posto…
E poi la sua notte infinita era cominciata.
E poi la fame travestita da amore.
E poi lei è di tutti, perché ha il cuore enorme e c’entra tanta gente dentro.
E poi l’amore. Ma che guaio è, questo amore. E cade in un intervallo di pensiero.
E poi c’è di peggio:  il tradimento è peggio dell’amore.


Serenata senza nome di Maurizio de Giovanni è una voce che ti sveglia nella notte.
E poi, dopo aver letto, dentro di te canti una muta serenata senza nome, come Ricciardi.
E non smetterai di cantarla, come lui.

Brunella Caputo.

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