giovedì 23 luglio 2015

"E' LA STAMPA BELLEZZA" di Piera Carlomagno - SOLO IL TEMPO DI MORIRE di Paolo Roversi









Cosa resta della ligèra, la romantica malavita milanese dei malnatt di “Ma mi”? Cosa resta con l’arrivo della criminalità organizzata siciliana, delle ‘ndrine calabresi e della camorra? Restano ancora loro, protettori e maitresse, sequestratori, biscazzieri, trafficanti di droga e strozzini. Restano figure negative e leggendarie, restano i luoghi, i personaggi e le atmosfere dei più atroci e celebri delitti che portarono la città di Milano in un vortice noir che la polizia non riuscì a fermare. Anni ’72-’84, Milano è la “città rossa”. Paolo Roversi, con il suo straordinario romanzo “Solo il tempo di morire”, edito da Marsilio e Premio Selezione Bancarella 2015, attraversa la stagione dei movimenti studenteschi, poi del terrorismo e del nascente, incredibile mercato della droga, arriva alle soglie della “Milano da bere”, e racconta uomini, luoghi e avvenimenti veri, i personaggi sono di spessore tale da poter essere riconosciuti anche dai meno informati. Roversi aiuta, lasciando intatte le iniziali dei nomi. Francis Turatello è Franco Tarantino, il boss delle bische che non riesce a rinunciare al ciuffo che lo rende riconoscibile durante le rapine, è quello che importa a Milano il modello Las Vegas e che poi muore in carcere ammazzato da o’ nimale, Pasquale Barra, killer della camorra di Raffaele Cutolo. Renato Vallanzasca è Roberto Vandelli, il bandito del Giambellino, plateale, disordinato, accentratore ed esibizionista, il suo vice è solo un braccio armato. Angelo Epaminonda è Agostino Ebale, il Catanese, biscazziere e re della coca, con lui comincia la guerra in strada e la vera mattanza scatenata con l’aiuto degli Indiani. Ma i protagonisti non sono solo i grandi criminali, l’investigatore del romanzo è colui che sarebbe diventato il questore di Milano Achille Serra, in primo piano ancora il commissario Calabresi con la sua visione diversa, l’editore Giangiacomo Feltrinelli che se ne andò con i suoi misteri e tanti altri. Su tutto, “Solo il tempo di morire” è un romanzo e vincono atmosfera e ritmo, anche se estremamente affascinante è l’intreccio con le vicende dell’epoca, con la storia d’Italia che in quegli anni ebbe Milano protagonista per molti versi, il ritratto di una polizia impegnata su troppi fronti, il momento in cui, negli anni Ottanta, “la musica cambia” e non è solo quella di Mina o dei Nomadi che fa da sottofondo alla storia.


Piera Carlomagno





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